La nostra cultura occidentale tende spesso a negare o a minimizzare le emozioni negative, come tristezza e rabbia, ma anche la sofferenza in generale e il dolore psicologico o fisico.
Tutte queste condizioni tendono ad essere evitate il più possibile in quanto la valenza che gli viene attribuita sia individualmente che socialmente è invariabilmente negativa. Nelle società consumistiche post-moderne quello che sembra essere premiato e che appare essere importante è il cosiddetto buon funzionamento, ovvero essere produttivi, attivi e possibilmente sempre di buon umore.
Ecco come persone tristi, depresse o malate vengono quindi confinate ai margini della società. Invece ciò che ci sfugge è il valore intrinseco delle emozioni negative e dei nostri momenti di crisi. Crisi in greco significa “crescita” e l’etimologia della parola ci ricorda dunque che non esiste crescita senza sofferenza.
Sono proprio le emozioni negative infatti a spingerci spesso verso quei cambiamenti di vita che sono essenziali per la realizzazione di una nuova dimensione che rispecchi maggiormente i nostri bisogni più profondi di miglioramento sia psicologico che fisico. Ecco dunque che emozioni negative come tristezza e rabbia non devono essere considerate solo come rami secchi da tagliare.
Dobbiamo imparare ad accogliere anche queste emozioni, che comunque ci appartengono, e che spesso hanno proprio la funzione di segnalarci che qualcosa non va e che urge un cambiamento. Nel fortunato cartone animato Inside Out il personaggio Tristezza viene inizialmente connotato negativamente, come un’emozione zavorra, e si rivela alla fine essere la chiave di volta della storia della piccola protagonista; allo stesso modo dobbiamo imparare ad accettare ed accogliere l’interezza della nostra gamma emotiva.
Entrare in contatto con tutte le nostre emozioni ed esplorare i loro significati profondi ci avvicina ad una maggiore conoscenza dei nostri bisogni e desideri e ci indica la strada migliore per realizzarli.
Dott.ssa Isabella Ricci