Molte persone che investono tempo, denaro e risorse emotive in una psicoterapia si interrogano su come valutare la sua efficacia.
Un tema assai difficile, perchè le psicoterapie sono numerose e con orientamenti metodologici anche molto diversi tra loro. Quando si parla di efficacia in Letteratura i dati indicano che è difficile isolare gli indicatori specifici (fattori) che rendano conto di ciò che influenza maggiormente l’efficacia di un modello psicoterapeutico rispetto a un altro.
Sembra che il fattore comune a tutti i modelli che determini la buona riuscita di un percorso di psicoterapia sia in assoluto la qualità della relazione terapeutica tra paziente e terapeuta.
Tutto questo appare sensato, in quanto qualora il terapeuta fosse percepito dal paziente come apertamente ostile o disinteressato ai problemi del paziente nessun genere di alleanza terapeutica potrebbe essere stabilita.
Tuttavia vorrei soffermarmi su alcuni casi nei quali una psicoterapia può rivelarsi inefficace, facendo prima una dovuta premessa: i tempi di azione di una psicoterapia sono sempre più lunghi rispetto ai tempi di risposta agli psicofarmaci e possono essere necessari diversi mesi per poter valutare i primi benefici.
E’ necessario appunto che il paziente si senta completamente a suo agio e che non nasconda pensieri, sintomi ed emozioni per riserbo al suo curante e che si sia quindi sviluppata una genuina relazione terapeutica. Fatta questa premessa sussistono almeno tre casi nei quali una psicoterapia può definirsi inefficace:
1. Quando il paziente dopo un congruo periodo di frequenza non riscontra nessun miglioramento dei sintomi o delle difficoltà per le quali si è rivolto al terapeuta;
2. Quando la terapia serve solo ad aumentare la consapevolezza di proprie modalità di essere senza promuovere alcun tipo di cambiamento nel paziente;
3. Quando la terapia si caratterizza come un vincolo interminabile, senza il chiaro confronto con il paziente sugli obiettivi raggiunti e sulla negoziazione di quelli ancora da raggiungere, e senza quindi promuovere il graduale svincolo del paziente dal terapeuta e l’autonomia personale.
Qualora il paziente rilevasse una o più di queste caratteristiche sarebbe opportuno che terminasse il percorso psicoterapeutico e si indirizzasse da un altro professionista, anche di un orientamento psicoterapeutico differente. Non tutti i modelli psicoterapeutici riescono a rispondere ai bisogni e alle esigenze di tutte le persone e spesso un cambiamento di modello può giovare al paziente.
Dott.ssa Isabella Ricci