Il tecnostress è una forma di malessere psicofisico in aumento, che nel 2007 è stato riconosciuto nelle malattie professionali.
E’ una condizione legata all’utilizzo massivo e prolungato della tecnologia: pc, smartphone, tablet, che può provocare diversi sintomi come ansia, nervosismo, insonnia da iperideazione (difficoltà di svuotare la mente e di rilassarsi), mal di testa e stanchezza.
Il tecnostress però non riguarda solo quelle categorie professionali per le quali questi strumenti sono costitutivi del loro lavoro (ad es. gli operatori di call-center), ma in una certa misura riguarda tutti noi. Lo smartphone in particolare sembra essere lo strumento che maggiormente determina il tecnostress. Infatti anche nel tempo libero o in vacanza riceviamo continuamente mail, che possono riguardare il nostro lavoro, oppure le nostre incombenze.
Anche quando siamo seduti a cena, magari con gli amici, non siamo mai “soli” con loro, ma continuiamo a ricevere telefonate e a scrivere messaggi e chat, che portano la nostra attenzione altrove e che rendono il nostro coinvolgimento nelle relazioni sempre più intermittente e labile. Un fenomeno diffuso tra i giovani, ma anche tra i meno giovani, che può determinare un’ansia di essere sempre connessi e reperibili.
Per la maggior parte delle persone è impensabile uscire di casa senza il proprio smartphone e se accidentalmente viene dimenticato a casa questo può generare reazioni di ansia anticipatoria: ci si prospettano scenari catastrofici, situazioni di difficoltà nelle quali possiamo trovarci senza avere la possibilità di comunicare e di gestire l’imprevisto. Quest’ansia anticipatoria è ciò che ci rende spesso ancora più insicuri e fragili e che ci ha reso dipendenti da un oggetto che fino a qualche decennio fa non faceva parte del nostro quotidiano.
Pur apprezzando l’utilità della tecnologia e la semplificazione di molti aspetti della nostra vita da essa permessi dobbiamo fare i conti con il rovescio della medaglia: lo stress che deriva dal suo utilizzo eccessivo, la nostra dipendenza e la nostra sempre maggior incapacità di essere del tutto presenti a ciò che stiamo facendo, da soli o in compagnia.
Imparare noi per primi e insegnare ai ragazzi la capacità di “staccare la spina” , saper trascorrere del tempo da soli, disconnessi, o dedicarci pienamente a chi abbiamo di fronte, spegnere i nostri dispositivi durante il sonno o mentre decidiamo di essere “off”, sono importanti azioni che possiamo svolgere per lenire il malessere psicofisico derivante dal tecnostress.
Per aiutarci in questo processo di rieducazione un valido aiuto proviene dalla Mindfulness (vedi https://www.benesserepsicologico.net/mindfulness-protocollo-mbsr-febbraio-2020-roma/ ) , che attraverso le sue pratiche ci riporta “in contatto” con noi stessi, facilitando l’uso dell’attenzione selettiva e restituendo consapevolezza alle nostre azioni quotidiane.